Donne, inculcare insofferenza per maternità e famiglia

Donne, inculcare insofferenza per maternità e famiglia

Ho visto questa vignetta presentata in chiave  ammiccante spacca-*patriarcato*-che-se-ti-prendo-tirovino, che non riesce, tuttavia, a fare a meno di attaccarsi ai soliti luoghi comuni.

Prima di continuare nel ragionamento, mi ha fatto molto piacere vedere che, fortunatamente, donne critiche e intelligenti sono sempre esistite e sempre esisteranno:

Donne, inculcare insofferenza per maternità e famiglia

Non c’è un pensiero unico ed esistono punti di vista diversi

Beh, l’autrice del commento qui sopra ha tirato un bel calcio nei denti (virtuale, s’intende), ai sostenitori di queste assurdità, e dal mio punto di vista ha fatto bene: se vogliamo davvero uscire tutte e tutti insieme da questo impasse di contrapposizione insensata maschio/femmina (che le virulenze femministe e lgbtq+ ci stanno creando attorno),  bisogna contrastare incessantemente le espressioni di questa nuova cultura, sempre quando possibile, anche solo per rivendicare che, no, non c’è un pensiero unico ed esistono ancora punti di vista diversi, che intendono difendere anche i valori tradizionali, quindi “calmini” e disinnescatevi.

Scritto da una donna, poi, è stato proprio efficace, spiazzante e poco prevedibile: chapeau!

Comunque, al di là della pochezza della vignetta in quanto tale, da latte alle ginocchia, quello che è irritante è registrare il sistematico attacco frontale che mira alla destrutturazione della famiglia intesa come cellula costitutiva a fondamento del tessuto sociale.

Un vile attacco volto a destrutturare la famiglia, fondamento del tessuto sociale

Questo attacco è un attacco vile, e viene portato insidiando proprio la donna che non deve, però, prestare orecchio lasciandosi incantare da queste sirene stonate e manipolatrici, che hanno il solo intento di strumentalizzarla per raggiungere i propri scopi;  martellando e instillando subdolamente che la maternità sia “altro” dalla realizzazione di sé, cercando di creare nella donna un senso di insoddisfazione e verso il suo ruolo biologico, e verso una sua possibile scelta: tutto questo cela, in realtà, la volontà di bersagliare e sfondare quello che ancora resta dei valori familiari.

Si instilla nella donna insofferenza verso il suo ruolo biologico e verso una sua libera scelta

La donna viene presa di mira perché il valore che apporta all’istituzione familiare è concretamente altissimo e, soprattutto, simbolicamente è il più potente in assoluto.

E la donna viene presa di mira da una misoginia subdola, inaspettata ma palpabile: quella omosessuale. Non dico che la vignetta sia intenzionale o diretta espressione di questo movimento anti-famiglia, intendiamoci, ma certamente ne è indiretta emanazione; emanazione di una corrente di pensiero che si è strutturata non solo ideologicamente ma anche politicamente. Ha ormai alle sue spalle anni di militanza, ed oggi passa all’azione diretta.

Questa corrente di pensiero, consolidata negli anni, oggi pensa di avere le forze e gli appoggi per lanciare il suo attacco frontale e multiforme, ma comprende bene di non potere (almeno, non ancora), attaccare di petto la donna sulla sua inclinazione materna e naturale, perché la risposta della controparte femminile sarebbe devastante e l’azzardo mal ripagato: si preferisce quindi corteggiare falsamente la donna, portandola dalla propria parte; e tutto questo in che modo? Cercando di renderla insofferente verso quella che potrebbe essere una sua scelta del tutto attendibile e compiuta nella piena titolarità delle sue azioni e della sua dignità, delle sue aspirazioni, dei suoi valori, dei suoi intimi convincimenti.

Un disegno di minoranze agguerrite

Quello che si cerca di affermare è un chiaro disegno di minoranze agguerrite, che ha appoggi ramificati nella politica e nei mass-media (ricordate il sermone fuori contesto di Fedez? Il clima di improcrastinabilità del DDL Zan e tanto altro ancora?),  ed è il pensiero secondo cui i ruoli di genere sono stati superati; in particolare, ad essere svuotato di significato, è proprio quello della donna che – in quell’ottica distorta – perde persino il suo significato simbolico e generante:  la società evolve verso la liquidità e l’intercambiabilità sessuale, in una distopia in cui il maschio è gay quindi “autosufficiente” (ricordate anche la recente copertina de L’espresso?):

La società deriva verso la liquidità e l’intercambiabilità sessuale, in una distopia in cui il maschio è gay

Donne, inculcare insofferenza per maternità e famiglia


Vediamone la traduzione e gli sviluppi concreti nella realtà:

Donne, inculcare insofferenza per maternità e famiglia

Le persone ancora sane di mente vedranno, nella foto sopra,  un chiaro abuso infantile.

I bambini hanno a loro volta dei diritti inviolabili, e quella foto a me personalmente fa vomitare perché mostra un bambino che viene dato, come fosse un oggetto, ad una persona evidentemente turbata.

Attenzione, sostengo che che quella persona sia turbata non per via del suo orientamento, ma perché evidentemente non è in grado di comprendere l’abuso che sta compiendo, mettendo in atto scelte ed atti che non riguardano più solo la sua persona e la sua vita, ma un individuo terzo con la sua, di vita.

Questa persona non è in grado di mettere un freno alla smania del suo orientamento, che coincide – ed è solare – con un ego ipertrofico incardinato sulla sessualità personale.

Un ego ipertrofico incardinato sulla sessualità personale

E’ un dato di fatto, e questo scempio va fermato. Alla prevaricazione sui minori, alla prevaricazione sui diritti terzi,  si può dire “NO!”, tutti insieme come società civile. I trans se ne faranno una ragione.

Una madre che allatta è un’immagine oserei dire sacra, nella sua dolcezza, ma questa che si vede non è una donna che allatta suo figlio, non è immagine di maternità, ne è una grottesca simulazione, e il risultato è aberrante.

Giù le mani dai bambini, giù le mani dai nostri valori, giù le mani dagli uomini, giù le mani dalle donne, giù le mani dalla nostra società.

La vignetta è anche in malafede, perché prova a mistificare la realtà nascondendo una verità che però resta limpida, ed è quella che ci dice che  una donna libera può essere  una lavoratrice, una madre oppure madre e lavoratrice insieme, purché in conformità alle sue aspirazioni ed alle sue scelte di vita.

Inoltre, l’eventuale dimensione di madre deve essere vissuta come un valore aggiunto e non come un fardello e, affinché questo avvenga, deve essere la società stessa a permetterlo ed agevolarlo.

La donna deve essere pertanto lasciata libera di compiere le sue scelte  nel pieno rispetto della sua autonomia, senza pretesa di convincerla su “cosa sia meglio” o dove risieda la “realizzazione” personale, perché ogni donna è un’individualità a sé stante, ed ogni individualità si realizza come meglio crede.

Pertanto è chiaro il pettorale di quella corrente che vorrebbe strumentalizzare la donna, spacciandosi per sua sostenitrice, facendolo però in una maniera così grottesca che nemmeno l’ironia (che riesce spesso in faticose imprese), sembra in grado di smussare, e mi riferisco all’incapacità di rinunciare, nemmeno in questo caso, all’utilizzo di una comunicazione del tutto fuori luogo se inquadrata nel contesto in cui, nelle finte intenzioni, dovrebbe trovare il suo senso.

Vignetta divertente quanto un lunedì mattina, per la sua incapacità di nascondere il suo intento manipolatorio.

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